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Venerdì, 01 Febbraio 2013 00:00

passando in mezzo a loro

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Lc 4,21-30

 In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Premessa generale: nonostante che i vangeli vengano continuamente letti nelle chiese ogni domenica, o proprio per questo, restano libri sconosciuti alla maggioranza della gente. Sia perché si dà per scontata la loro conoscenza, sia perché sono legati al “pulpito” di una certa parte della società “i cristiani”, di fatto restano marginali ai più. Prima di leggere questi miei commenti diventa perciò necessario leggere prima il testo che propongo. E’ necessario che uno rievochi quello che il testo gli suggerisce e poi lo confronti con quanto, numero per numero, vengo dicendo in questo nostro giornalino. Questo per non risultare troppo “difficile”.
“Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino”.
Prendo in esame solo quest’ultima frase del brano di Luca che racconta, all’inizio del suo vangelo la prima manifestazione di Gesù ai suoi compaesani di Nazareth. Se seguissimo tutto il racconto vedremmo che, oltre a questo strano camminare in mezzo ai “nemici”, ci sono tante altre “cosette” che non quadrano con la stereotipata lettura che se ne fa solitamente.
Per me, razionalista, quest’ultima frase di Gesù che chiude l’episodio di Nazareth, risulta particolarmente improbabile, per cui ha del miracoloso. Gesù viene preso, viene condotto sul ciglio del monte per buttarlo giù, e lui, passando in mezzo a loro, se ne va, direi tranquillo.
E sia che Gesù è il Figlio di Dio, per cui eterno Batman, può fare ciò che io mai riuscirei a fare, però. Tra parentesi, sono stato a Nazareth e non c’è nessun precipizio da cui poter buttar giù un uomo.
Posso anche dare per buono che Gesù, promettendosi di fare tanti miracoli per gli altri, abbia cominciato col farne uno per se stesso, salvandosi la vita dalla violenza dei suoi compaesani.
Ironizzo, ma non troppo, non sul mio razionalismo, ma su quello dei “semplici” che, proprio per restare semplici, non disdegnano di costruire castelli e favole, fingendo o illudendosi di abitarle.
E purtroppo di questa “semplicità” sono piene le chiese.
Se fossi un po’ più cattivo, come Gesù, avrei il coraggio di etichettare, nome e cognome, come ipocriti tutti costoro. Ma sono più buono di Gesù e dunque mi dico: poverini, non sanno quello che fanno. Ci vuole pazienza e cercare di spiegare, di far capire, piano piano, col tempo...
Del resto, Dio non ha fatto così con me? Quanta pazienza mi ha usato!
Il fatto è che Gesù, i suoi paesani (Giudei) sul ciglio del monte (Calvario) lo hanno portato e l’hanno buttato giù (Crocifisso), ma il Crocifisso passando in mezzo a loro si è messo in cammino per un viaggio così lungo che ancora sta camminando in mezzo a noi. Come poteva Luca dire che il Crocifisso è vivo e non è morto e che vivente si aggira per le nostre strade, le nostre, che sono le sue, perché e del nostro stesso paese?
Pare che il vangelo abbia sempre più una scarsa presa sulla “sapienza” del mondo di oggi, pare che i cristiani siano diventati cultori fra gli altri di un loro mondo che si consuma in se stesso, un po’ come il mondo di un qualche gruppo settario per intenderci, solo numericamente più esteso, pare che ciò che li distrugge in profondità usi la più potente arma dell’indifferenza... e anch’io sono sulla buona strada.
Ora, la mia domanda è: perché Luca ha scritto l’intero episodio in questa forma? Non sapeva che sarebbe stato interpretato ed usato altrimenti dalle sue intenzionui?
Forse aveva paura, come me, e invece che vivere il vangelo si è messo a raccontarlo. Forse era umile, come me, e invece di dire con chiarezza la verità come fa Dio, l’ha seminascosta tra le righe di una favola.
Contemplare Dio è impossibile e c’è chi dice di contemplarlo, ma contemplare l’uomo, fin che si può, è una benedizione.

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