Mt 24,37-44
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Il disastro è avvenuto in Sardegna. Tanta acqua quanta ne scende in sei mesi s’è riversata sul centro nord della Sardegna. Morti, dispersi e diseredati all’improvviso, per una pioggia un po’ più abbondante del solito. Non c’è che dire: siamo proprio messi male. Quattro gocce d’acqua cambiano, stravolgono la vita di migliaia di persone. Pochi giorni fa era accaduto alle Filippine. Migliaia di morti, dispersi, feriti, diseredati e tutto all’improvviso. “Come furono i tempi di Noè… così sarà la venuta del Figlio dell’uomo”. Ci siamo. Ci risiamo. E, per il momento, sempre spettatori di quanto succede ad altri. E se qualche autorità hanno i Vangeli, non alimentano alcuna vana speranza che ciò non succederà più. Anzi, non in questa pagina, ma altrove vien detto che verranno terremoti, pestilenze, alluvioni, guerre e che tutte queste cose “devono” accadere. Non si trova una parola spesa in nessuna direzione perché ciò non accada. Non si parla di prevenzione, non si allarma alcun sistema di difesa, non si propaganda un mondo da sogno dove tutto questo non si vedrà più. Si dice di stare attenti e svegli. Non perché se attenti e svegli, sapremo far fronte e vincere queste avversità, ma quasi a togliere le fantasie di chi vive o crede di vivere in una beatitudine distratta perché non vuole vedere la realtà. Stare sveglio e attento, avere davanti agli occhi ciò che è l’uomo, lo distruggerebbe ancor prima che venga la sua fine.
Matteo è anche più pesante, il padrone non sa a che ora viene il ladro. Il ladro verrà di sicuro, ma quando il padrone non se l’aspetta. Non indica la strada perché non ci siano più i ladri, ma dice al padrone di stare sveglio, gli apre gli occhi e gli dice: sappi che il ladro verrà e sarà più astuto di te. Matteo non si pone neppure le domande che spontaneamente vengono a chi si trova derubato o colpito da uno dei tanti disastri possibili. Quelle domande, quei perché che vorrebbero penetrare i cieli e che vedono l’uomo soccombere con il suo grido disperato e inascoltato. I ladri ci sono e verranno, i disastri ci sono e verranno e la venuta del Figlio dell’uomo “è come”.
Siamo prossimi al Natale e il Natale sembra suggerire tutt’altra “venuta”. Il volto sorridente d’un bambino non richiama alcun disastro, se ci fossero motivi di paura, è incoraggiante come le cose che nascono e crescono. Nel deserto di un territorio inospitale, si presenta come un fiore che è riuscito a bucare la terra e ad emergere verso il cielo. Ha la forza dell’impotenza delle cose che, se vuoi, le guardi e se non vuoi, passi oltre. Tutt’altro aspetto, sembra, del Figlio dell’uomo che verrà come giudice a tua insaputa per spogliarti di ciò che hai o credi di avere.
Come dunque stanno insieme questi opposti? Perché attendere l’avvento del Signore? Quale Signore attendere? Non ho le risposte, ma indovino un “senso” che me li rende plausibili entrambi. Qui non mi pare in gioco la costruzione teorica di una verità delle cose estranea al cuore dell’uomo. Non si tratta di conoscere e poi descrivere una realtà “oggettiva” che è, indipendentemente dall’uomo e dal suo rapporto con essa. Tutt’altro, mi pare addirittura che i vangeli non permettano la costruzione di castelli da abitare sicuri perché, per quanto grandi e complessi, possiamo conoscerne la struttura e i suoi contenuti. Costruzioni storicamente fatte e che ci vedono come uomini continuamente soggetti alla loro tentazione.
Ciò che qui è in gioco è l’uomo con le sue speranze e le sue paure, i suoi giudizi di valore sulle cose che ha tra le mani, il suo rapporto con ciò che è altro da lui, persone e cose. Tentato e in lotta continua per non soccombere di fronte alla sterminata potenza del mondo in cui abita. Costruttore di idoli (ideologie) che gli diano il senso di una casa per proteggerlo dalle imponderabili avversità. “Lotta” per la sopravvivenza viene chiamata. Ebbene, i vangeli si inseriscono in questo uomo proponendo una loro “salvezza” che spesso si presenta opposta ad ogni altra suggerita dalla, ormai identificata, lotta per la sopravvivenza. Ciò che viene innalzato e messo a confronto con la sapienza umana è un Cristo crocifisso, proprio ciò che il fiorfiore delle capacità umane disprezza tanto da ritenerlo il loro nemico più naturale. I vangeli affermano che in quel crocifisso è presente l’indefinibile Dio con tutti i relativi attributi di grandezza. L’uomo nel crocifisso vede invece proprio l’assenza di Dio.
Non si tratta di rinnovare pensieri gnostici o di costruirne altri, ma il crocifisso costituisce una pietra angolare che produce scandalo o consolazione a seconda di come viene riconosciuto. Parlo di Cristo crocifisso come del primogenito di tutti i crocifissi, passati presenti e futuri, presenti ovunque sulla terra, in area cristiana e fuori da essa.
Perciò un bambino è una grande cosa per i pastori e non per i sacerdoti del Dio Onnipotente. Perciò l’avvento della fine viene evitato impotentemente dall’uomo che lo teme e viene addirittura sperato da chi proprio lì ha visto la grandezza dell’Onnipotente: “Vi è un battesimo del quale devo essere battezzato; e sono angosciato finché non sia compiuto!” Lc 12,50 e si riferiva alla croce.
A che ora viene il ladro?